Aspettando l’edizione 2010…Orizzonti Circolari 2009: un tuffo dall’Oceano al Mediterraneo.

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Aspettando l’edizione 2010…Orizzonti Circolari 2009: un tuffo dall’Oceano al Mediterraneo.

31 agosto 2009… I ragazzi di Orizzonti Circolari approdano all’aeroporto di Pisa, carichi di valigie, aspettative, desideri, con poche certezze e tanta voglia di scoprire quale sarà la novità di questo soggiorno in Italia (per molti di loro non è il primo) inserito in questo progetto del Parco Nazionale di un Appennino Tosco-Emiliano tutto da scoprire …

Li accolgono Martina, Claudia, il Dott. Pinagli, dirigente del progetto Parco nel Mondo e il Presidente del Parco Nazionale Fausto Giovanelli. Un bel discorso introduttivo ed esauriente, che li esorta a mettere in gioco potenzialità di ognuno nella consapevolezza che il soggiorno sia non solo di svago, ma di ricerca e formazione; poi partenza verso la prima area da visitare: l’Alta Val Parma, prima tappa di un percorso che li porterà alla conoscenza di un angolo di mondo che per metà gli appartiene e che, nascosto tra le montagne e il mare, spesso resta inesplorato.

Li aspetto con curiosità e un po’ di emozione al ristorante “La Moretta”, dove mi ha raggiunto anche Rachele e li ospiteremo per il primo convivio insieme: momento importante, in cui inizieremo a conoscerci e  a trovare con loro, ognuno la nostra giusta empatia.

Arrivano verso le 21;30: li vedo scendere uno ad uno dal pullman, volti sconosciuti, stanchi, senza identità per me, ma la prima impressione è che ci sia naturalezza e forza nei loro sguardi e subito mi fanno sentire a casa … Iniziamo la cena, ci scambiamo le prime parole, i primi sorrisi e alla fine della cena percepisco che tra loro c’è un’alchimia che li fa essere un gruppo speciale, è solo una sensazione per ora.

Dopo cena ci spostiamo all’Ostello, all’interno del Castello di Corniglio, dove i ragazzi alloggeranno per tre giorni … ci sistemiamo, assegniamo loro le camere, poi Claudia, in modo molto preciso ed efficiente,  provvede alla loro  registrazione, alla consegna del loro materiale e a tutto l’espletamento burocratico … Ci diamo la buonanotte verso le tre in attesa di rivederci dopo poche ore per la prima “avventura” insieme, entusiasti, ma un po’ inconsapevoli, sia loro che noi ragazze, di ciò che il nostro ‘connubio’ svelerà.

Primo settembre, ore 9:30 … Siamo tutti al Lagdei, ci ha raggiunto anche il Direttore Giuseppe Vignali che starà con noi tutta la giornata e  ci farà  da guida, insieme alle guardie forestali; meta Lago Santo e poi, se le gambe ci reggono, Monte Marmagna. I ragazzi sono tutti disponibili, carichi di energia per l’escursione e desiderosi, già da subito, di scoprire più cose possibili; credo siano già positivamente sorpresi, molti di loro forse, non pensavano fosse un soggiorno di vera ricerca sul campo …?

La giornata è limpida, l’aria tersa e leggermente pungente, vero primo giorno di settembre, ciò ci permette di ammirare e godere ancor meglio del paesaggio che riscopro e apprezzo attraverso i loro occhi increduli, incantati, entusiasti e che mi fanno pensare quanto spesso si dia per scontata “la meraviglia” quando la si ha sempre davanti. Durante l’ascesa il Direttore Vignali ci spiega tante cose, ci racconta dell’antico ghiacciaio che ospitava il crinale dell’Appennino Parma Est, delle rocce macigno da questo lasciate, del territorio plasmato dai continui disgeli, dei mutamenti climatici, della creazione degli splendidi laghi autoalimentati dalle sorgenti glaciali, di cui Lago Santo ne é un meraviglioso esempio; ci ha poi raccontato di come alcuni di questi laghi, di cui il ghiacciaio aveva formato il letto, ma che non vivevano di fonte propria, si siano con il tempo prosciugati, creando al loro posto affascinanti torbiere, grandi praterie che celano nei loro “fondali” segreti millenari, fossili vegetali di ogni tipo che gli archeologi da alcuni anni stanno riportando alla luce.

Qua e là abbiamo incontrato qualche carbonaia, ora simili a piccoli pozzi, colmi di resti vegetali, ma un tempo fonte di combustibile per i tanti contadini che abitavano le terre alte, arrivando fino ad altezze a cui oggi nessuno si spingerebbe, e che attraverso una tecnica raffinata (i “pozzi” in sasso venivano riempiti di legna, poi ricoperti di fogliame che, soffocando il fuoco acceso al di sotto, permetteva  al legname di consumarsi poco a poco e trasformarsi in fine in carbone) e prerogativa dei soli carbonai, creavano il carbone da commerciare poi a valle.

La foresta demaniale che ci circonda ci  porta a ricordare di come, all’inizio del ’900, la decisione di crearla, da parte dello Stato, permise alla popolazione di restare a lavorare nel loro paese, bloccando così il flusso migratorio che affliggeva l’Appennino.

Salendo e chiacchierando arriviamo … al Lago Santo! I ragazzi sembrano sorpresi, alcuni di loro incantati … Intorno al lago raccontiamo la leggenda dalla quale deriva il toponimo Santo, in realtà origine strana, per antifrasi direi … La distesa d’acqua dolce ospitava un tempo immensi pascoli, abitati da pastori che vivevano lì in armonia e pace; un giorno un eremita venuto da lontano arriva in questo luogo meraviglioso e li esorta a scendere a valle per assistere alla messa e accorrere al richiamo delle campane del paese, ma i pastori, ignari di chi fosse quell’uomo, non lo ascoltarono.

Dopo poco tempo un violento diluvio si abbatté su di loro, distruggendo e allagando ovunque e a causa della potente maledizione dell’eremita, l’immensa prateria divenne il grande “Lago Santo”.

È quasi mezzogiorno, al rifugio Mariotti del CAI ci aspetta un gustoso pranzetto a base di polenta, cucinata in vari modi, formaggio, salume e carne; vero ristoro da montagna in cui i ragazzi continuano a scoprire, oltre ai paesaggi e alla persone, anche gli odori e i sapori di questa loro terra “antica”. Ci sentiamo tutti soddisfatti e di nuovo pronti per una nuova “scalata”: si sale al Marmagna! La montagna è una delle più suggestive del nostro Appennino, fino a più di 1500 metri d’altitudine offre improvvisamente al nostro sguardo, dopo la penombra del fitto bosco, un “immersione” di luce e spazio, niente più alto fusto, ma solo arbusti e prati dal verde al giallo intenso, arsi dal sole e dall’aria che qui, in alta quota pare quasi ‘bruciare’ … i grandi macigni ora appaiono ‘scoperti’, in tutta la loro maestosità; qua e là lungo la salita mucchi di pietre che il dottor Vignali ci dice essere stati raccolti un tempo dai pastori – che fin qui salivano a portare le loro pecore al pascolo – per far  più spazio al loro gregge. Abbiamo la possibilità di parlare un po’ ai ragazzi anche della flora e del sottobosco, soprattutto e di far loro assaggiare i prelibati e curativi mirtilli e i buonissimi lamponi.

Dopo l’ultima panoramica fatica, eccoci arrivati alla Sella del Marmagna, 1450 metri …

Da qui, quando il cielo è davvero terso, su questa vetta al confine tra Emilia e Toscana, che da sdraiati ci fa essere con la testa in una regione e con i piedi nell’altra,  si vede il mare, il Golfo di Spezia per precisione;  Vignali cerca di farci scorgere la sagoma del Golfo all’orizzonte, che oggi non si vede benissimo, purtroppo, ma che tutti ammirano comunque. Restiamo un po’ in silenzio a riposare, il vento è molto forte e quasi stordisce, ma tutti sembrano soddisfatti, felici. Poco dopo alcuni, accompagnati dal Capitano della Forestale de Crescenzi, raggiungono la cima del monte Marmagna, mentre altri, lentamente, si dirigono verso valle. Ascolto i commenti dei nostri “ambasciatori”, tutti sembrano aver scoperto un luogo d’incanto e mi raccontano le loro emozioni, la loro piccola o grande fatica ed io sono felice di aver potuto regalar loro questa giornata.

Purtroppo ai Lagdei c’è un piccolo contrattempo, il gruppo sceso con De Crescenzi arriva un po’ in ritardo e dobbiamo quindi ritardare il rientro all’Ostello. Stasera è una serata importante, la prima loro serata ufficiale di accoglienza, con le rappresentanze dei Comuni, della Regione e della Provincia.

Ore 21;30 … Cena in Pizzeria a Corniglio: i ragazzi arrivano tutti vestiti uguali, con le magliette verdi e le felpe rosse, donate loro dal Parco e sono davvero carini e d’effetto. Alla cena sono presenti:  Massimo de Matteis, sindaco del Comune di Corniglio, Claudio Moretti, sindaco del Comune di Monchio delle Corti, il Presidente del Parco Nazionale, Fausto Giovanelli, il direttore Giuseppe Vignali, il dirigente del progetto Parco nel mondo, Francesco Pinagli, l’Assessore alla cultura per la provincia di Parma, Gabriella Meo, l’Assessore del Parco regionale dei Cento Laghi, Nando Donnini e le due funzionarie per la regione Emilia Romagna, Katia Fabbri.

La cena trascorre piacevolmente, anche se il servizio è un po’ lento, mentre noi abbiamo fretta, perché si sta facendo tardi per la conferenza, ma tutti chiacchierano piacevolmente e si lasciano conoscere e apprezzare e se mi guardo intorno e penso a cosa potrò dire tra poco, riesco solo a pensare che mi sembra i ragazzi si conoscano da tempo e che ci sia tra loro una strana alchimia che li rende speciali.

Ore 23;00 …. Tardissimo, iniziamo tutti a sentire la stanchezza della giornata e le autorità forse speravano di non fare così tardi, ma iniziamo comunque l’accoglienza, cercando di essere tutti quanti, data l’ora, il più rapidi ed esaurienti possibili, non dimenticando però che un evento come questo, la possibilità di avere tra noi venti giovani d’oltreoceano, ma di origini italiane, non solo, appenniniche, è da onorare e omaggiare.

A me l’incarico di fare da moderatore, ci provo, dico ai ragazzi le mie sensazioni su di loro, li ringrazio e porgo la parola alle varie rappresentanze, che tutte, una ad una, accolgono i ragazzi in modo entusiasta e consapevole, riferendosi in primis ai quattro ragazzi i cui parenti provengono dalle terre emiliane e poi a tutto il gruppo. Il Parco dei Cento Laghi poi, nella persona dell’assessore Nando Donnini, fa dono a Natalia Valla, Fabio Leni, Roberta Belletti e Paula Canali, di due bellissime pubblicazioni: Magia di un involo di Michele Mendi e Mario Pedrelli e La Val Parma e la Val Baganza in cartoline d’epoca, a cura di Bruno Dalcò; i nostri “emiliani” sono grati, emozionatissimi ed orgogliosi.

Verso le due ci diamo la buonanotte ….

Due settembre, ore 9;00 … Partenza da Corniglio per la visita alla pianura, alla scoperta dell’arte e del cibo; prima tappa, alle 9;30, arrivo al Museo del Prosciutto di Langhirano dove ci aspetta Barbara Vernizzi, guida turistica e dipendente del Parco dei Cento Laghi. Percorriamo con lei le varie tappe della lavorazione del prosciutto e dei salumi in genere e anche un significativo percorso attraverso il tempo e le stagioni, scoprendo che una antichissima saggezza culinaria si cela dietro alle ricette che oggi fanno dei salumi di Parma e provincia, alcuni dei prodotti più amati e rinomati d’Italia.

Verso le 11; 00 arriviamo a Parma, città bellissima e raffinata, ricca di arte, cultura e svago, ma che purtroppo avremo solo il tempo di “toccare” e attraversare: Barbara è sempre con noi e ci accompagna in modo sapiente ed efficace alla scoperta di qualcuno dei luoghi più significativi della città. Visitiamo la Pilotta, grande piazza voluta da Ranuccio Farnese all’inizio del ’600, che deve il suo nome al ‘tribale’ gioco della palla (pelotàs), che qui trovava il suo “campo”,  antichissimo per le  tribù dei Maya e arrivato invece a noi solo dopo la scoperta dell’America. Entriamo nel Palazzo della Pilotta, che ospita un interessante museo archeologico oltre ad una antica biblioteca comunale che possiede alcuni tra i manoscritti miniati più antichi e preziosi d’Europa, ma noi possiamo solo vedere il teatro Farnese, sorprendente e originale teatro di legno seicentesco che ospitò le prime naumachie (battaglie navali) della storia e fu dotato, tra i primi, di una scenografia mobile barocca.

I ragazzi si guardano attorno quasi increduli e affascinati, alcuni di loro dicono di non aver mai visto un teatro interamente in  legno e si immaginano le naumachie e Nivia, la ragazza laureata in scienze teatrali e insegnante di teatro mi dice di sentirsi a casa. Usciamo dal Palazzo e ci dirigiamo alla piazza del Duomo, altro meraviglioso angolo della città, custode di una sapiente arte medioevale; purtroppo il Duomo è chiuso, così come il Battistero, riapriranno solo alle 15;00, ma Barbara ci dà comunque alcune informazioni sulle architetture, sui dipinti del Correggio che affrescano la famosa cupola della cattedrale, sull’opera di Benedetto Antelami, sui portali del Duomo e del Battistero, sull’utilizzo dei marmi bianchi di Carrara, ma soprattutto rosa di Verona e su tutto ciò che rende unica e magica questa piazza, ma che forse, come dicono alcuni ‘ambasciatori’, non ha bisogno di essere spiegata, basta essere vissuta, basta esserci immersi dentro, come noi in questo momento, per respirarne l’antico, ma sempre vivo, affascinante mistero.  

Sono quasi le 13;00, fa molto caldo, percorriamo alcuni borghi medioevali, piazza Garibaldi, centro del potere civile e politico, di oggi e di ieri, via Cavour e via Mazzini, le vie del lusso e della raffinatezza che Parma tanto vanta, e, nonostante qualche lamentela da parte dei ragazzi che vorrebbero restare di più, ci dirigiamo verso la navetta che ci condurrà al pullman: non possiamo restare oltre, mio malgrado, abbiamo appuntamento alle ore 14;30 per visitare il Castello di Torrechiara. Arrivati all’imponente, ma elegante rocca, abbiamo il tempo di un piccolo ristoro, così pranziamo al sacco tutti insieme alle porte del castello …

Poi Barbara ci accompagna attraverso le stanze della fortezza dei Rossi, costruita tra il 1448 e il 1460 per volontà di Pier Maria Rossi che ne fa un punto strategico e di controllo dei suoi immensi possedimenti montani (tra cui spiccavano i feudi di Corniglio e di Bosco, con i loro rispettivi castelli), ma anche segreto luogo d’amore per lui e la sua amata Bianca Maria Pellegrini, alla quale dedicherà gli affreschi della stupenda camera d’Oro, celebrazione aulica e simbolica dell’eterno amore tra i due amanti.

Sono le 16;30, siamo in perfetto orario, alle 17;00 ci aspettano al Salumificio San Nicola di Miano di Corniglio per mostrarci la sapiente, accurata, antica lavorazione del raffinato Prosciutto di Parma D.O.P.

Al nostro arrivo ci accolgono due ragazze esperte del settore che ci accompagneranno in questo nuovo viaggio attraverso “il Sapore” che dura nel tempo, attraverso le preziose cosce di quel “nimal” che la saggezza popolare del posto ergeva a “Re degli animali d’Appennino” per il suo essere “tuttologo” in fatto di utilizzo per la cucina di ogni specie (del maiale infatti non si buttava nulla, tutto, dai denti alle unghie dei piedi diveniva ingrediente utile e a volte, necessario alla povera cucina dei monti). Entriamo nel Prosciuttificio, indossiamo tutti camici bianchi per rispettare le norme igieniche e iniziamo il percorso: attraverso le varie sale, tra il primo e l’ultimo piano, seguiamo il “cammino” che il prosciutto compie, dall’arrivo, alla prima e seconda salatura, fino al lavaggio dal sale, poi i vari gradi di stagionatura, la sugnatura e infine la puntatura (attraverso un lungo e sottile osso di cavallo pungono la coscia in vari punti per saggiarne l’odore e quindi la bontà, la qualità del prodotto) prima del marchio D.O.P.  Ad un prosciutto di Parma, per essere buono, bastano il sale, la sugna e l’ideale clima umido che attinge dai monti e dal mare e che ne fa un luogo unico per la stagionatura e la conservazione di questo prodotto così prelibato.

I ragazzi sono  nuovamente affascinati, ed io con loro, anche se le celle aperte liberano un freddo pungente e quasi insopportabile, tutti sembrano, soddisfatti, eccitati quasi, e si accorgono con noi che davvero questa lavorazione è una forma d’arte, tanto che qualcuno, nel vedere una donna “accarezzare” il prosciutto con le mani piccole e sottili, spargendo in modo delicato e  sapiente la sugna, chiede … un massaggio per tutti!

Alla fine del nostro “viaggio nel sapore” ci accoglie un lauto banchetto a base di prosciutto e lambrusco della casa e ora, davvero, il percorso trova il suo coronamento nell’assaggio che tutti gradiscono e assaporano con gusto. La spiegazione e l’accoglienza sono state veramente ottime, superlative e dallo sguardo dei ragazzi capisco che loro concordano pienamente con me.

Ore 19;00 … Rientriamo all’Ostello, sempre un po’ in ritardo, per darci una rinfrescata, per poi cenare al rifugio Lagdei dove ci attende una buonissima cena a base di polenta con lardo, tortelli di patate con funghi, tagliatelle di castagne, cinghiale, punta al forno, torte varie … purtroppo siamo già un po’ pieni della merenda luculliana a base di prosciutto del pomeriggio, ma è comunque tutto molto gradito.

Finita la cena, si parte per Sesta di Corniglio, dove ci attendono l’Assessore per il Parco dei Cento Laghi, Nando Donnini e sua moglie Silvana per mostrarci questo grazioso paesino posto su una piccola vetta a 1000 metri di altitudine, che ancora ospita caratteristici borghi seicenteschi e una meravigliosa fontana in sasso di forma circolare, che dava ristoro a uomini e animali, con un antico lavabo, in cui le donne del paese andavano a fare il bucato e a ritrovarsi; la notte chiara e luminosa rende tutto ancora più suggestivo. Entriamo poi nella piccola chiesa seicentesca da poco restaurata, all’interno della quale Nando inizia a guidarci attraverso l’opera del pittore Madoi, che qui, nelle pareti affrescate che ritraggono alcuni episodi della Passione di Cristo trova una delle sue più alte espressioni: nell’utilizzo di quei volti a lui noti, paesani che in modo “cinematografico neorealistico” trasfigurava per farne ‘quadri’ di vita segnati dal dolore e dalla fatica, ma vivi, veri, come lo è la sua pittura. Siamo poi usciti di nuovo lungo le vie del paese, dove qua e là si scorgono altri affreschi, alcuni in parte caduti e ancora da restaurare, questi, pieni di colori, di vita, che ritraggono anche volti noti dello spettacolo, ma tutti con quella vena malinconica, a tratti trasfigurante che sembra contraddistinguere la sua arte. Arriviamo fino alla casa del pittore, alla fine del paese, posta quasi a picco, una piccola villetta in cui spicca il rosso della scala a chiocciola e degli scuri e che sembra essere uscita da un libro di fiabe dei fratelli Grimm.

Nando e Silvana sono così accoglienti e gentili da volerci dare ospitalità nella loro casa,. Le cui parete sono firmate Madoi, per bere qualcosa e per offrirci una buonissima crostata di frutta che Silvana ha cucinato appositamente per noi; dopo le abbondanti merenda e cena non riusciamo a rispondere all’invito, ma decidiamo di portare la torta con noi, visto l’immensa cordialità, e di mangiarla insieme il giorno dopo.

Alcuni ragazzi hanno bisogno di collegarsi ad  Internet così li accompagno alla sede del parco, poi, verso le due, finalmente, tutti a nanna!

Tre settembre, ore 9;00 … I ragazzi hanno preparato le valigie, nel pomeriggio saranno in Garfagnana per la seconda tappa del loro soggiorno, per toccare, come dicono loro, ogni angolo di questa terra del parco, con le mani e con il cuore … ma prima di partire c’è ancora un luogo da visitare in alta Val Parma: Casarola di Monchio delle Corti, altra piccola meraviglia dell’Appennino della Val Cedra. Proprio qui, su queste alture, nidifica l’aquila reale e dal paesino ne potremo osservare il punto esatto e chissà, magari, se saremo fortunati, riuscire a vederla.

Ad accoglierci il sindaco del Comune di Monchio, Claudio Moretti, che i ragazzi già avevano conosciuto martedì sera, e l’Assessore alla cultura e al turismo, Donatella Basteri, che ci danno un caloroso benvenuto e con entusiasmo e passione ci parlano dei loro borghi, del loro Comune e fanno dono a tutti i venti ambasciatori di un libro che sposa arte, musica e religione in un gioco sapiente di autori locali: Bibbia e Arte, Opere poetiche teatrali e musicali, AVV, a cura di Pietro Viola. Ma non ci sono solo loro ad attenderci, ci dà il benvenuto a Casarola anche la Dott.ssa Marta Simonazzi, primario di chirurgia all’Ospedale Maggiore di Parma e Presidentessa del Comitato pro Casarola, per raccontarci qualcosa sulla vita e le opere di Attilio Bertolucci, il grande poeta italiano che qui aveva trovato il suo rifugio e soprattutto «una terra per viverci» che per lui significava, una terra ‘per scriverci’. Marta è cugina di Bertolucci, quindi attraverso la sua voce, i suoi racconti, tutto assume una dimensione più vera, più intensa, ci racconta di loro piccoli, della guerra, dei loro genitori, di come fossero uniti, di come le loro vite fossero entrate a far parte della poesia del poeta, del suo carattere originale e geniale, dell’eterea moglie australiana (anche lei figlia di emigrati ritornati poi in patria), del loro grande, totalizzante, intenso amore … così, senza accorgercene, entriamo nella vita del poeta, al viviamo e lo sentiamo improvvisamente. vicino, come se lo conoscessimo da sempre. Non c’è malinconia nelle sua parole, né compiacenza, né presunzione, è una donna spiccia, diretta, essenziale, a tratti brusca, ma limpida e pungente , una donna profondamente intelligente e sensibile che ci trasmette con forza e passione il suo orgoglio di essere una Bertolucci. Poi mi chiede di leggere alcune delle sue poesie, perché giustamente nessuno può capire un poeta se non attraverso le “sue parole in versi”; i ragazzi sembrano ascoltare con trasporto e sembrano aver capito il valore di questo autore, pur non conoscendo perfettamente la lingua italiana, e sicuramente ne hanno capito quello umano e di ‘abitante’ di una montana terra di confine. Nel frattempo è arrivata anche Beatrice Minozzi, giornalista della Gazzetta di Parma, soprattutto per intervistare il nostro Fabio Leni,  il cui nonno nacque poco lontano da qui, a Valditacca, sempre nel comune di Monchio, da una delle famiglie più antiche della valle. Purtroppo pare non sia rimasto più nessuno dei suoi parenti, ma se riusciamo, lo porteremo comunque a vedere il paese.

Ora Marta – dopo averci raccontato qualcosa anche dei due figli Bertolucci, soprattutto di Bernardo, che naturalmente il gruppo conosce molto meglio del padre, che quasi nessuno aveva mai sentito nominare prima, e che è molto curioso di sapere anche del grande regista del film Novecento o del più recente L’ultimo Imperatore (solo per citarne alcuni) – ci accompagna a visitare la casa del poeta e i suoi luoghi preferiti per la scrittura, tra i quali il bellissimo giardino di castagni nel quale sta immersa l’abitazione di Marta. Ci fermiamo un attimo da lei per un caffè e poi, ringraziandola per la gentilezza e il calore, ripartiamo, accorgendoci di aver fatto un po’ tardi, come sempre! Valditacca si trova sulla strada verso il passo del Lagastrello che i ragazzi dovranno a attraversare per arrivare in Toscana, così ho pensato con Rachele di pranzare là e mostrare così il “suo” paese a Fabio che ne è molto felice ed eccitato. Purtroppo un malinteso non ci fa rispettare la tabella di marcia e li farà certamente arrivare tardi all’Orecchiella, dove già li attendono Martina e Claudia.

Ore 14;00 … Ci salutiamo sul Passo del Lagastrello, vorrei tanto andare con loro, avevo sottovalutato questa esperienza e ora mi sono pentita di aver scelto di non stare con loro per tutto il tempo, anche loro sembrano dispiaciuti che io e Rachele per ora li lasciamo, ma comunque li vedo soddisfatti e questo per ora mi basta, in attesa di vederli di nuovo, tra qualche giorno a Villa Minozzo, nelle montagne reggiane … per una “nuova avventura” insieme!

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